sabato 14 luglio 2007

Robert Cahen

Nato a Valence (Francia) nel 1945 è uno degli autori più importanti della storia della videoarte oltre che un pioniere nell’utilizzazione di strumenti elettronici. Si forma come fotografo e musicista, nel 1972 si diploma al conservatorio nazionale di Parigi e studia musica concreta con Pierre Schaeffer. Dal ‘71 al ‘74 è stato membro dell’ORTF (gruppo di ricerche musicali) presso gli studi della radio-televisione francese, dove per la prima volta si accosta all’audiovisione elettronica e dal ‘73 al ‘76 èdirettore del dipartimento di sperimentazione video per l’ORTF/INA (Istituto nazionale di audiovisione) da cui sono stati prodotti buona parte dei suoi video e films. La sua prima opera audiovisiva elettronica Invitation au Voyage risale al 1973, da allora ha esposto in tutto il mondo: alla Documenta 8 di Kassel (1987), alla Biennale di Parigi (diverse edizioni), al Museo di Arte Moderna di New York, al Fest-Rio (Brasile), alla Biennale delle arti elettroniche di Roma, al Festival di Locarno (diverse edizioni), alla Triennale di Milano (1995), In Video, (1998), al Tokio Video Festival (1987) e alla quinta settimana internazionale del video di Ginevra (nel 1993) (per citare alcuni eventi tra i più noti). Nei suoi lavori la materia si disfa e si ricompone in un continuo ondeggiare di apparizione e sparizione foriero di grande lirismo. Cahen si cimenta in immagini sintetizzate, sovrimpressioni, ri-colorazioni, rallentamenti tendenti all’infinito e azioni alteranti di diverso genere. Il viaggio e il paesaggio sono al centro di buona parte dei suoi lavori e della sua poetica, questi scenari però, pur essendo spesso mutati, ricercati in diverse e altre modalità di apparizione, non perdono mai la loro bellezza naturale, sono come vibrati dall’elaborazione, la quale più che stravolgerne le caratteristiche, sembra volergli donare istanti di “verità”. Ponendoli nella dimensione dell’intravisto, evanescente, immergendoli in un’attesa cosmica, sempre, lentamente sul filo del rasoio, tra la mobilità e l’immobilità. Dal 1995 realizza videoinstallazioni tra cui alcune permanenti come Alle de Liège a Lille (Francia 1995). Storici alcuni suoi capolavori come L’Entraperçu (1980), Hong Kong Song (1988) e Voyage d’Hiver (1993). Di grande importanza ed interesse sono anche le sue ultime opere come l’installazione Tombe (1997) in cui indaga i limiti tra immagine fissa ed in movimento realizzando pitture elettroniche fortemente espressive, o ancora le più recenti Traverses. La sua opera Sept Visions Fugitives (qui esposta) ha vinto i premi internazionali (Videokunstpreis) del ZKM e della SDR.





Robert Cahen

Sept Visions Fugitives


Sept visions fugitives (Sette Visioni Fuggitive) video, 32´, colore, suono, 1995, Francia.
Sound design di Michel Chion.
Prodotto da Arte, Les Films du Tambour de Soie, in collaborazione con CICV
Pierre Schaeffer, Montbéliard-Belfort, Francia.









Sette visioni fuggitive in una Cina avvolgente e mobile nel suo vibrante pullulare. In viaggio, attraversando, per qualche estatico istante, questa immensa e remota regione del mondo ( tra l’altro storicamente avvolta da una velo misterioso per noi occidentali). Cahen riesce ad addentrarci in quel “cosmo” lontano proprio perché non intende descriverlo, documentarlo, bensì mostrarlo “de-documentalizzato”, in cerca di un qualcosa che va oltre il mero documento: un fenomeno sinestetico che, oscillando continuamente dentro e fuori dai binari del verosimile, attendibile per convenzione, si fa mondo a sua volta, aprendosi, ma mantenendo intatto il mistero… Come quando si viaggia in prima persona, nulla è come lo si vede nei documentari: lontano dalle guide turistiche, ogni cosa tace la sua provenienza, il suo verso… Perché appartiene ad un mondo altro, in cui noi ci troviamo sempre per la prima volta. Ci accorgiamo di non sapere nulla della Cina e poco della natura. Eppure la storia dei luoghi visitati ci tocca, la incontriamo senza saperne il nome: nelle gestualità rituali, nelle facce delle persone che al mattino affollano un mercato, nel volare d’uccelli, nello scrosciare delle onde, nelle montagne rocciose riscaldate dal sole rosso di un tramonto sul fiume vorticante o nel il cigolare ritmico di uno strano filatoio… Ma proprio là dove si è stranieri, per di più quando si è stranieri “lontani”, si rischia inevitabilmente di cadere nello streotipo; questo Cahen lo tiene bene a mente e lo rifugge: «ho lottato con le immagini - dice- consapevole io stesso del loro carattere stereotipo. L’impressione pura e il materiale filmico grezzo sono stati completamente rielaborati, diventando qualcos’altro rispetto a quel che erano in origine». Ci porge in audio-visione infatti quella che chiama una «pura esperienza»: tramite un dosatissimo dialogo con le alterazioni percettive, applicate in fase di post-produzione, fa si che l’esperienza vissuta al cospetto dell’opera sia a sua volta ‘unica’, originale, a sua volta ‘altra’ dalla propria e assolutamente eccezionale, extra-ordinaria... Vera! Siamo catturati, irretiti da quel cosmo, in cui il viaggio, diviene metafora di un flusso dinamico che è della terra, la natura , così come nella natura degli audio-visivi stessi. In questi sette episodi scrutiamo attraverso visioni e suoni questo millenario e sfuggente luogo in cui siamo cullati dalla terra, in lento, suadente, ma sempre perturbante pulsare.

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